Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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Appunti su Federalismo, art 116 e dintorni  Marzo 2007   Torna alle categorie

Appunti su Federalismo, art 116 e dintorni

Appunti su Federalismo, art 116 e dintorni

 

La proposta “federalista” su cui si muovono molte forze politiche della maggioranza, si basa su tre ipotesi

  •  applicazione della Costituzione vigente, così come emersa dalla revisione del 2001, avanzando nell’attuazione delle competenze regionali
  •  applicazione del federalismo fiscale
  •  spinta a trasformare le competenze concorrenti in prevalenti, in base all’art. 116.

Si legano a questi punti le proposte per una maggiore informazione regionale da garantirsi tramite più spazio da parte di RAI TRE e su reti locali (da cui le dichiarazioni circa il canone televisivo).

 

Le questioni sono di grande importanza, toccano sensibilità presenti nell’opinione pubblica, a cominciare dalle critiche verso il “centralismo romano”. E’ ovvio, nelle formazioni democratiche il riferimento alle ipotesi federaliste presenti nel nostro risorgimento (quella repubblicana e laica di Cattaneo), molto lontane dal localismo egoistico e di fatto antiunitario agitato dalla Lega e da parte della destra.

Proprio il timore verso le potenzialità della Lega spinge forze dell’Unione a lanciare queste proposte nella convinzione di toglierele armi di propaganda e di lavoro politico su cui questa crebbe in misura esponenziale al principio del decennio scorso.

 

Noi, in aula, in commissione e negli incontri di maggioranza, abbiamo sostenuto tesi diverse che riproponiamo alla maggioranza consiliare, non per allungare i tempi della discussione e della necessaria decisione, ma convinti di offrire elementi degni di essere considerati ed un percorso più lungo, ma certamente più partecipato e meno foriero di rischi

 

Negli ultimi decenni, anche sulla crisi dei partiti tradizionali, è cresciuta nel nostro paese una spinta falsamente federalista, in realtà tendente alla frantumazione statuale. Questo e non stanchi riti pagani, sono stati la proclamazione del Parlamento del nord e della Repubblica padana, questo la fondazione della milizie padane. Tutti processi sempre più simili alla caratterizzazione reazionaria, razzista, autoritaria,non più escludente il fascismo, che gran parte della destra europea ha assunto.

Parte della stessa sinistra ha pensato che governare questo processo, prenderlo in manofosse più opportuno che opporvisi.

La riforma del titolo V, primo vulnus della Costituzione del 1948, è stato frutto di questa convinzione ed ha offerto alla destra gli strumenti per ipotizzare un cambiamento (fortunatamente sconfitto nel referendum del giugno 2006) senza il ricorso a maggioranze qualificate, ma frutto semplicemente di maggioranze politiche.

La riforma si inseriva in un sistema di rappresentanza modificato dal sistema elettorale maggioritario, dagli accenti presidenzialisti, da spinte liberiste, presenti a livello europeo e mondiale che spesso superano i diritti sociali e politici.

La privatizzazione dei servizi, il passaggio da uno stato sociale dei diritti esigibili ad uno delle opportunità, le trasformazioni progressive di scuola, sanità, politiche attive del lavoro sono entrate nel senso comune e hanno contribuito a gravi processi di frantumazione della società che tanto negativamente pesano sulla sinistra.

Temiamo che:

  •  le modifiche introdotte producano una maggiore contrapposizione tra i territori
  •  l’art 114 possa spingere i singoli territori a chiedere maggiore autonomia gestionale e finanziaria , creando una commistione tra potere amministrativo e legislativo con contrapposizioni tra comuni e regioni e tra regioni e stato).
  •  L’art. 116 definisca un federalismo a geometria variabile, con maggiore autonomia legislativa regionale, tale da produrre differenti velocità tra le singole regioni.e conflitti (art 117) tra regioni e stato su ruoli, modalità legislative, confini di competenza. Questo può convivere con l’unitarietà sociale e l’esigibilità dei diritti a livello nazionale.
  •  che la sussidiarietà orizzontale (art. 118) si traduca in intervento dei privati su servizi fondamentali.
  •  Che il federalismo fiscale (art.119) possa produrre una ulteriore differenziazione sociale fra i territori.

 

Ribadiamo la convinzione che:

  •  alcune materie, per la loro complessità, possano essere gestite solamente a livello nazionale.
  •  Che la domanda di autonomia debba essere raccolta (la sinistra ha sempre sostenuto non il centralismo, ma le autonomie locali) riproponendo l’universalità dei diritti, il rilancio dello stato sociale, evitando processi di secessione morbida che stanno avvenendo in regioni del nord e riproponendo nella loro materialità la questione meridionale (storica e sempre più grave) quella centrale (modello economico prevalentemente cooperativistico), quella settentrionale (aree tra le più ricche del mondo a cui lo stato non offre strutture comparabili a quelle di altri paesi).
  •  Sia necessario arrivare in tempi brevi ad un riforma del bicameralismo con differenziazione dei ruoli tra le due camere.

 

Per tutti questi motivi, pur sapendo di non essere in sintonia con la gran parte delle forze dell’Unione, crediamo che la discussione non possa avvenire regione per regione, con conseguenti tempi diversi che aggraverebbero le già attuali gravi differenze su questioni centrali (scuola, sanità, lavoro) ma solamente su un tavolo nazionale.

Pur non avendo mai amato le Bicamerali, la proposta di una “bicameralina” (tra l’altro prevista dall’art. 11 della legge 3/2001), formata da esponenti delle due camere ed integrata da esponenti delle regioni e della autonomie locali ci pare l’unico strumento perché le scelte vengano compiute senza accelerazioni e frenate, in un quadro unitario su:

  •  definizione unitaria delle competenze di stato e regioni
  •  quadro complessivo su enti locali, comunità montane, città metropolitane
  •  riposizionamento del concetto di interesse nazionale delle universalità dei diritti
  •  ridiscussione dei livelli essenziali, superando logiche economiciste
  •  ridefinizione delle autonomie alla luce degli art. 2 e 3 della Costituzione
  •  superamento ella sussidiarietà orizzontale.

 

Sperando che la nostra proposta non venga interpretata come dilatoria e venga discussa nei suoi contenuti.

Su questi temi e nella ricerca di una vasta interlocuzione avevamo organizzato un convegno pubblico, poi purtroppo cancellato, per il giorno 10 marzo, convegno che riproporremo nelle prossime settimane.

 

Il gruppo consiliare del PRC- SE